In Italia, per oltre un ventennio (1922-1943), domina il fascismo, un regime a partito unico, il partito nazionale fascista (Pnf) con a capo Benito Mussolini. Egli, il duce, opera per costruire uno Stato autoritario e totalitario: muta l’assetto istituzionale in chiave antiparlamentare per rafforzare il potere personale del capo del governo. Nel 1923 viene creato il gran consiglio del fascismo, organismo di coordinamento tra l’azione del governo e quella del Pnf, estraneo all’ordinamento costituzionale, a cui si accompagna l’istituzione della milizia volontaria per la sicurezza nazionale (Mvsn), un corpo militarizzato alle dirette dipendenze di Mussolini e del Pnf. Nel 1925 l’involuzione antidemocratica si consolida con la promulgazione delle leggi eccezionali o “fascistissime”, che stabiliscono la soppressione di tutti i partiti e delle associazioni d’opposizione al fascismo; la chiusura degli organi di stampa avversi al regime; l’istituzione del confino di polizia ai danni degli oppositori politici e di un servizio di polizia politica alle dipendenze della Mvsn; la pena di morte per chi attenta alla vita dei regnanti e del capo del governo.
Un successo del regime che favorisce il consenso dei cattolici è la regolazione dei rapporti tra Chiesa cattolica e Stato italiano con i patti lateranensi del 1929. Non si tengono più elezioni vere e proprie, ma plebisciti (1929, 1934) e infine il parlamento viene sostituito dalla camera dei fasci e delle corporazioni (1939).
Il consenso al regime non sarà mai però totale. In forme più o meno organizzate e clandestine continuano la loro opposizione quanti si ispirano alle idee dei disciolti partiti socialista e comunista, del movimento anarchico, del partito popolare di ispirazione cattolica e ai principi liberali e democratico-repubblicani.