3.2 Primi anni di guerra

Con la guerra le privazioni si inaspriscono. Il razionamento dei beni di consumo, dagli alimentari al vestiario, si effettua attraverso un sistema di tesseramento. Le incerte notizie belliche, i bombardamenti, la fame e la miseria crescenti contribuiscono a creare la sfiducia verso il fascismo, a incrinare la lealtà verso i suoi capi.

 

Imola

Col resto d’Italia la città scivola dentro la guerra giorno dopo giorno. Mutano poco alla volta i contesti quotidiani della vita con il razionamento alimentare, l’oscuramento (divieto di accendere la luce), gli allarmi aerei. Le scuole “Carducci” si trasformano, come già nella grande guerra, in ospedale militare (1).

Già dopo qualche mese di guerra, cominciano ad arrivare telegrammi (2) che annunciano la morte dei soldati imolesi in Cirenaica, in Tripolitania, in Grecia, in Iugoslavia, in Russia; qualcuno viene dato per disperso, qualcuno è stato fatto prigioniero. In città i giardini, i parchi, le aiuole vengono trasformati in “orti di guerra” per sopperire alla mancanza di generi alimentari. Le industrie principali, come la Cogne, la Caproni, l’Orsa, la Dalmata, si convertono alla produzione bellica (3). L’alimentazione è razionata tramite le tessere annonarie (4). Si sviluppa il mercato nero con il conseguente aumento vertiginoso dei prezzi.

L’esigenza di incrementare l’industria bellica, attingendo solo alle risorse nazionali (autarchia), conduce i podestà ad emanare proclami di requisizione di manufatti di rame, escluso il paiolo da polenta (5).

3.1 Dichiarazione di guerra

3.3 Caduta di Mussolini