A metà aprile si costituisce sulla Faggiola il primo nucleo della 4ª Brigata Garibaldi, che diverrà poi la 36ª Brigata Garibaldi “Bianconcini”. Esso è formato dalla confluenza sul posto degli uomini rientrati dal Falterona a seguito del rastrellamento tedesco, da altri giovani della bassa già rifugiati da tempo a Cortecchio e dal gruppo salito da Imola e Bologna poche settimane prima.
Come sede viene scelta una casa disabitata, che segna il confine di tre comuni – Castel del Rio, Palazzuolo e Firenzuola e separa la Romagna dalla Toscana. Ecco perchè veniva chiamata Dogana. In questo rifugio, privo di imposte alle finestre, avevano trovato occasionale ricovero alcuni giovani renitenti. Dormivano addossati su bracciate di paglia sotto una coperta militare, vicino al focolare sempre acceso. Finiti i viveri portati da casa, avevano dovuto ingegnarsi con le erbe di sottobosco, la farina di castagne e qualche uovo comprato dai contadini.
Si decise successivamente di occupare le zone attorno al Rovigo, verso il Monte Carzolano, più adatte perché più protette militarmente.
I quadri della Brigata sono così fissati: comandante Libero Lossanti “Lorenzini”, commissario politico Guido Gualandi “Moro”, collegamento con le città Ernesto Venzi “Nino”. Gli uomini sono suddivisi in due compagnie comandate rispettivamente da Giovanni Nardi “Caio” e Luigi Tinti “Bob”.