Fu la più eroica e sanguinosa battaglia combattuta dalla 36ª Brigata Bianconcini Garibaldi. Durò dal 9 al 12 ottobre 1944 nella valle di Santa Maria di Purocielo. Anche se pagò un altissimo tributo di sangue, la Brigata dimostrò di avere raggiunto un notevole grado di efficienza militare, mentre gli uomini, inferiori per numero e armamento ai tedeschi, diedero prova del loro patriottismo e di un altissimo spirito di sacrificio.
Dopo la decisione presa dal CUMER, in previsione dell’insurrezione, i quattro battaglioni della Brigata dovevano convergere su Bologna, Imola e Faenza, mentre uno avrebbe dovuto andare a sud verso gli alleati. Ai primi d’ottobre il II e il IV battaglione si spostarono verso sud-est per incontrarsi con gli Alleati, dopo avere abbandonato la direttiva del CUMER di puntare alla liberazione delle città poste sulla via Emilia. I partigiani, circa 700, erano guidati da Luigi Tinti “Bob”, il comandante della Brigata. Il 9 ottobre giunsero nella valle del rio di Cò, tra il Senio e il Lamone, senza sospettare di essere finiti tra gli avamposti tedeschi e quelli alleati.
Mentre ripiegavano verso Ca’ di Malanca, al fuoco tedesco si aggiunse quello alleato, i cui cannoni batterono per errore le posizioni della brigata. All’alba dell’11 i tedeschi, guidati dai fascisti, arrivarono di sorpresa a Ca’ di Gostino, sede del comando, e seminarono la morte. Uccisero numerosi dirigenti della brigata, ma il comandante Luigi Tinti e altri riuscirono a forzare l’accerchiamento.
Per tutto il giorno si combatté nella valle i cui accessi erano controllati dai tedeschi e vano fu l’assalto verso Monte Colombo. L’unica via libera portava al nord, mentre gli alleati erano a sud.
I combattimenti proseguirono per tutta la giornata del 12, con i partigiani colpiti sia dai mortai tedeschi sia dall’artiglieria alleata. Anche se per il terzo giorno consecutivo erano riusciti a tenere i tedeschi fuori della valle, i partigiani si resero conto che la resistenza era alla fine. Le munizioni cominciavano a scarseggiare, mentre i caduti e i feriti erano decine. Dopo essersi consultato con i comandanti dei reparti, Tinti decise di uscire dalla valle a nord. I feriti più gravi, lasciati nella canonica della chiesa di Cavina furono catturati dai tedeschi e uccisi dai fascisti. Nella notte tra il 13 e il 14 il gruppo puntò su Monte Tesoro poi, passando da Monte Melandro, raggiunse Modigliana e il 16 ottobre si incontrò con gli alleati a Monte Freddo. In questa battaglia, l’ultima, la Brigata perse una sessantina di partigiani.