L’evento emblematico dell’ascesa fascista al potere è la “marcia su Roma” del 28 ottobre 1922, cui segue l’incarico di formare il nuovo governo dato dal re a Mussolini. Progressivamente il fascismo cerca di irreggimentare l’intera società al fine di ottenere assoluta obbedienza al suo duce. Viene cambiato persino il calendario, numerando gli anni dall’inizio dell’era fascista (1922) e il fascio littorio diventa l’emblema dello Stato (1). La festa dei lavoratori è abolita e sostituita con quella del 21 aprile, il cosiddetto Natale di Roma (secondo la tradizione, la data di fondazione della città da parte di Romolo nel 753 a.C.).
Nonostante gli squadristi confluiscano nella milizia volontaria per la sicurezza nazionale (Mvsn), le violenze non cessano. L’onorevole Giacomo Matteotti del partito socialista unitario, dopo aver denunciato in parlamento violenze e irregolarità verificatesi durante le elezioni politiche dell’aprile 1924, viene rapito per ordine di Mussolini e il suo cadavere viene ritrovato settimane dopo. L’enorme scandalo pare minare il potere fascista: i deputati dell’opposizione abbandonano per protesta il parlamento (secessione dell’Aventino). Mussolini, il 3 gennaio 1925, durante un discorso alla camera si assume la responsabilità “morale e politica” di tutte le violenze verificatesi e annuncia l’adozione di leggi “fascistissime” per eliminare ogni residua forma di democrazia rappresentativa.
L’opposizione al regime è ormai marginale. Tra il 1921 e il 1922 i settimanali “La lotta”, socialista, e “Il momento”, comunista, cessano le pubblicazioni; prende voce l’Imola fascista e nasce “Imola nuova” (2). Continuano le aggressioni agli antifascisti. Molti sono costretti all’esilio: lasciano la città Antonio Graziadei, Anselmo Marabini e famiglia.